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La Capria, quasi un secolo di letteratura

Si è spento esattamente un mese fa, il 26 di giugno, Raffaele La Capria, uno degli intellettuali più importanti del nostro Novecento.
Era nato a Napoli nel 1922 – a ottobre avrebbe compiuto 100 anni – e di Napoli possedeva la genialità, l’ardore e la fantasia.
A Napoli aveva studiato – si era laureato in Giurisprudenza all’Università Federico II – e vi aveva vissuto per molti anni della sua vita, ma si era poi trasferito a Roma, dove rimase fino alla morte.
E tuttavia Napoli, come una presenza ineluttabile e ricorrente dalla quale non poté né volle mai scappare, tornò ripetutamente nella sua opera divenendo protagonista indiscussa dei suoi scritti più belli (Ferito a morte 1961, La neve del Vesuvio 1988, Capri e non più Capri 1991, L’occhio di Napoli 1994, Napolitan graffiti: come eravamo 1998).
Giornalista, scrittore, sceneggiatore, ebbe un’attività letteraria che spaziò in molteplici ambiti, tutti indagati e percorsi con uguale passione, intelligenza e successo. Scrisse per il Corriere della Sera, firmò da co-sceneggiatore film immortali e bellissimi come Le mani sulla città (1963), Uomini contro (1970) e Cristo si è fermato ad Eboli (1979) di Francesco Rosi, Sabato, domenica e lunedì (1990) e Ferdinando e Carolina (1999) di Lina Wertmuller. E fu naturalmente autore di numerosi romanzi tra cui resta insuperato Ferito a morte (ed. Bompiani 1961) con cui vinse il Premio Strega. Ma i Premi furono numerosi. Vinse il Premio Napoli con L’armonia perduta (Ed. Mondadori 1986), una raccolta di saggi dedicati a Napoli; il Premio Grinzane Cavour con la raccolta di racconti La neve del Vesuvio (ed. Mondadori 1988); il Premio Viareggio con L’estro quotidiano (ed. Mondadori 2005), raccolta di racconti autobiografici. La sua intensa attività intellettuale gli valse il Premio Campiello (2001), il Premio Chiara (2002), il Premio Alabarda d’oro (2011) ed il Premio Brancati (2012) alla carriera.
Fu anche un saggista eccellente, come si è visto – basti ricordare L’armonia perduta o America 1957, a sentimental journey (ed. Nottetempo 2009), ma anche l’ampia panoramica di scritti su alcuni mostri sacri della letteratura mondiale – ed un fine traduttore di Jean Paul Sartre, T. S. Eliot e George Orwell.

Vittoria Caiazza

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