Ludopatia. Il gioco come rifugio dal disagio
Quante volte abbiamo sentito parlare di ludopatia, di quella che sembrerebbe essere definita come la nuova droga della società contemporanea. Il termine ludopatia fa riferimento alla condizione di dipendenza dal gioco d’azzardo. In ambito medico-psichiatrico e psicologico compare come sinonimo non preferenziale di gioco d’azzardo patologico. Una patologia che colpisce attualmente oltre un milione e 300mila italiani, dei quali almeno il 10% sono sotto cure mediche- psicologiche. Quello del gioco d’azzardo sembra essere un mondo fittizio che cela un pericolo alto: grava sulla qualità della nostra vita, porta squilibrio emotivo e psicologico e, nei casi più gravi, alla perdita totale dei redditi. Pensiamo a un uomo che ha lavorato per tutto l’arco della sua esistenza e che una serie di coincidenze portano a cadere nel tunnel di una malattia subdola: una malattia che gli strappa via tutto. Quelle coincidenze, poi, non sono mai casuali: dietro alle ludopatie, infatti, si nasconde spessissimo un profondo e silenzioso malessere. Il gioco è uno degli elementi più cari all’uomo, è in primis attraverso di esso che abbiamo imparato a vincere, a perdere, a condividere. Un bambino che non gioca può essere un bambino felice? E il gioco è la chiave per affrontare il mondo, e la vita, con leggerezza. Ma la ludopatia non ha nulla a che vedere con il vero significato del termine giocare, non ha nulla a che fare con tutte quelle emozioni positive che sperimentiamo durante un gioco salutare. Quando entriamo in meccanismi disfunzionali per il nostro benessere ci capita di vivere uno stato euforico iniziale, che è destinato presto a capovolgersi bruscamente e a mutarsi in inquietudine. Nel caso della ludopatia quell’inquietudine si chiama bramosia di avere sempre di più e nello stesso tempo paura di perdere tutto, in un colpo solo.
Il gioco d’azzardo è un azzardo che spesso e volentieri ci porta a crollare, dominati, come ci riduciamo a essere, dalle nostre ansie, paure e ossessioni. Ecco perché è importante chiedere sempre un supporto psicologico e rivolgersi agli esperti che possono guidarci e farci riprendere in mano quel che ci era sfuggito. La ludopatia non conosce differenze sociali. Sfatiamo il mito per cui spesso si crede che situazioni economiche non agiate portino spesso a devianze del genere: il gioco d’azzardo non riguarda solo il bisogno disperato, ma spesso colpisce anche persone che non hanno alcuna situazione economica svantaggiata. Perché la ludopatia è la risposta all’ enorme vuoto esistenziale a cui stiamo assistendo. Un vuoto dove spesso la fragilità prende il sopravvento, e che ognuno cerca di colmare a modo suo. Sempre di più ci sentiamo immersi in una vita frenetica, che ci fa sembrare dei sopravvissuti e dimenticare di vivere. Oppure siamo vittime di un vero e proprio isolamento (o auto-isolamento) virtuale: ecco perché il gioco d’azzardo colpisce anche i giovanissimi, che ormai trascorrono gran parte del loro tempo libero davanti a uno schermo, senza quasi più contatti con il mondo reale. Naturalmente è più facile che la ludopatia sia associata a determinati disturbi o malattie mentali, ma è anche vero che oggi tendiamo alla rimozione del problema attraverso forme di evasione sbagliate. Aggiungiamoci che spesso ammettere un problema risulta frustrante, imbarazzante. Dobbiamo imparare a non avere vergogna: una dipendenza può essere curata, attraverso una semplice richiesta d’aiuto. Non ci vuole tanto per mettere in moto una serie di interventi rieducativi che possono far tornare la gioia di vivere e magari, perché no, di giocare (giocare bene, di gusto). Non tiriamoci mai indietro anche di fronte a questa enorme solitudine che sembra avvolgerci, siamo in molti e non siamo mai soli.
Maria Simona Gabriele
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Caravaggio, I bari (1594)