8 marzo, donna di fiori
Odorosa, luminosa, radiosa: tutto fa rima con mimosa. Un fiore la cui radice, mim-, qualche incallito classicista sarebbe tentato di ricollegare a mímesis, “imitazione”, quasi a suggerire, non senza una dose di malizia, un legame con una certa idea dell’emancipazione femminile che procederebbe “imitando” modi e forme del cosiddetto potere maschile.
In realtà non c’entra la mímesis ma c’entra il mimo: lo leggiamo sulla Treccani, “dal lat. mimus, mimo, attore, per i movimenti con cui le foglie reagiscono a ogni contatto”. Non ci sono, però, riferimenti diretti né all’immagine né a un’eventuale indole delle donne. Eppure la mimosa da sempre è il fiore simbolo del giorno che le festeggia: guardando all’oggi e al domani, cioè ai passi avanti già fatti e da fare in una società tradizionalmente maschiocentrica, e nello stesso tempo riflettendo sull’ieri, su tutte le sofferenze subite per arrivare a fare quei passi avanti. Prima che il 25 settembre lo spodestasse un po’, l’8 marzo (il giorno in cui la festa della donna cade più o meno dalla sua istituzione) era anche un’ottima cornice per denunziare e condannare i femminicidi.
Non una rosa, dunque, bensì un fiore per guerriere?
Gianluca Vivacqua
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