cinema

Golden Globe 81

Tira aria di cambiamento all’81° Golden Globe: dopo l’ingloriosa edizione a porte chiuse del 2022 e il tracollo della padrona di casa, la Hollywood Foreign Press Association, il premio che dal 1944 apre la strada all’Academy Award è ora sotto l’ala della Dick Clark Productions la quale, insieme alla Eldridge Industries, già aveva guidato la cerimonia del 2023. Aria nuova e dunque vita nuova, forse. Non proprio: la prima edizione orfana della HFPA testimonia formalmente come il “piccolo Oscar” sia ormai competenza meno della critica che del mercato. Di fatto le riconferme non mancano, a sancire una continuità a cui solo l’aggiunta di due nuovi premi a eccezione: quello per il miglior comico stand-up e per il miglior risultato al box office. Forte è la tentazione di leggervi un intento, trascorso l’anno che ha visto un’imprevista quanto prevedibile sequenza di fiaschi al botteghino, mentre infuria perenne il dibattito intorno al politicamente corretto; al centro del fuoco sono naturalmente i comici, con Ricky Gervais e Dave Chappelle immancabili sulla linea di tiro.

Parlando giustappunto di comici, è al cerimoniere Jo Koy che spetta la controversia dell’anno, grazie a un monologo arrancante e nevrotico che suscita più perplessità che risate; tra il serio e faceto Koy se la prende coi suoi autori, si abbarbica sugli elogi agli ospiti – su tutti Meryl Streep, candidata come non protagonista per la serie Only Murders in the Building – e fa rimpiangere il disagio indotto dal predecessore Jerrod Carmichael.

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