Le avventure di Candelino de Topis – 1. L’odio del guerriero
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La galea si affiancò a quella dei gatti, i remi si incrociarono fra loro come i rami di una foresta fitta e molti si spezzarono.
«All’attacco» gridò Avidio, il comandante dei topi. «All’arrembaggio».
Candelino de Topis sgomitò fra i roditori per raggiungere il parapetto, gli archibugieri aprivano il fuoco e tra i gatti della galea nemica si sollevarono le urla dei feriti.
Alcuni topi posarono le passerelle fra i due ponti e gli assaltatori ci si arrampicarono sopra, chi brandendo degli stocchi, chi dei pugnali o delle picche, e corsero dall’altro lato facendo attenzione a non cadere fra l’intrico di remi.
I gatti tentarono di far scivolare le passerelle con l’obiettivo di far precipitare gli assalitori, ma stavano subendo troppe perdite.
Candelino raggiunse la galea nemica e fu addosso a un paio di gatti.
A uno infilzò la gola, agitò la lama per liberarsi del cadavere, ci fu un’esplosione di sangue.
Candelino badò a quello dopo.
Il gatto davanti a lui incrociò la palà con lo stocco, e Candelino si inginocchiò per trafiggerlo al basso ventre.
Lo colpì. Fu molto, il sangue versato.
La galea dei topi si trovava al largo della Sicilia, stavano affrontando una nave ottomana, e il bagno di sangue era stato assicurato sin dall’inizio.
Con i topi che avanzavano su ogni settore della nave, i gatti arretrarono e, in poco tempo, il ponte cadde nelle mani dei roditori.
Restava molto altro da conquistare.
Candelino saltò dentro un boccaporto, si realizzò sottocoperta, un ambiente buio e che puzzava di chiuso.
Un gruppo di gatti lo attaccò.