interviste

Patrizia Caiffa, la direttrice di B-Hop

Una testata giornalistica specializzata in belle notizie, giornalismo costruttivo e crescita personale. Si chiama B-Hop magazine, è nata a Roma undici anni fa e riunisce autori e collaboratori da tutta Italia. Ne abbiamo parlato con la giornalista Patrizia Caiffa, founder e direttrice responsabile di B-Hop magazine.

Patrizia, parlami della tua attività giornalistica e di B-Hop.


Sono giornalista professionista da tanti anni, la mia attività è lunga, ampia e varia. Lavoro dal ’98 in una agenzia di stampa nazionale (agenzia SIR) e in tanti anni mi sono cimentata nei giornalismi più diversi, dalla cronaca all’inchiesta al reportage di viaggio. Parliamo sempre di scrittura giornalistica, non video o audio. Ho scritto anche cinque libri, tra cui saggi, romanzi, racconti e testi teatrali. Dieci anni fa ho sentito la necessità di fondare una nuova testata, B-Hop magazine, insieme ad altri sei co-founders. Abbiamo ragionato per mesi su quale fosse la visione e missione, preparando un dettagliato piano editoriale. Era il 2014, periodo di piena crisi economica ed
occupazionale, volevamo dare alle persone – che dividemmo allora nelle categorie degli “schiavi salariati” e precari (purtroppo ancora attuali) –, ragioni di fiducia, lasciandosi guidare dal filo rosso della bellezza. Da cui il nome B-Hop (Hop significa saltellare ma evoca anche la speranza) e il logo che raffigura una rana, simbolo di positività e superamento degli ostacoli. In sintesi, vogliamo diffondere bellezza, fiducia e consapevolezza nel mondo dell’informazione e nella società. Consapevoli che il mondo cambia solo se lavoriamo su noi stessi e cambiamo prima noi. Scriviamo quelle che, semplificando molto, definiamo “belle notizie”, con l’approccio del giornalismo costruttivo e delle soluzioni. Perché nella società ci sono tante storie, esperienze, buone prassi che non fanno notizia. O situazioni anche difficili e dolorose da cui ci si risolleva e meritano
di essere raccontate. Ci interessa essere di ispirazione per altri e diffondere cose belle. La prima cosa che chiedo ai miei collaboratori è raccontare ciò che ci emoziona e appassiona, per trasmettere anche queste sensazioni ai lettori, altrimenti diventa un racconto arido. Essere una testata indipendente e no profit (siamo una associazione di promozione sociale), anche se piccola e autofinanziata, ci consente libertà e creatività, la possibilità di sperimentare. Certo, maggiori risorse sarebbero di grande aiuto. Negli anni hanno collaborato con noi un centinaio di persone (ora siamo una cinquantina in tutta Italia), ne abbiamo formate una sessantina alle basi del giornalismo
costruttivo (anche organizzando corsi e laboratori nelle scuole romane) e scritto oltre duemila articoli, tutti originali, con una serie di reportage speciali in Lombardia e Piemonte su giovani e donne che mantengono in vita antiche tradizioni.

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