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arte

PICASSO lo straniero

Dal Palazzo Reale di Milano (dal 20 settembre 2024 al 2 febbraio 2025) PICASSO lo straniero arriva a Roma, tra le vie più belle della capitale, in via del Corso, presso il Palazzo Cipolla. Inaugurata soltanto il 27 febbraio scorso quella su Picasso pare essere la più aspettata frequentata e visitata tra le mostre romane e italiane.

Anche l’acquisto del biglietto è impresa non da poco e, nella strada, già notoriamente affollata del centro storico di Roma, si riescono a distinguere i numerosi ed entusiastici gruppi di individui e turisti, tutti di nazionalità diverse, anche loro – che aspettano di entrare per conoscere il (quasi) s-conosciuto Pablo Picasso, presentato per la prima volta in una nuova veste.

La mostra resterà a Roma sino al 29 giugno.

Pablo Picasso è, indiscutibilmente, tra gli artisti del Novecento fra i più noti al mondo intero. La sua fama si sparge tra il sofisticato amore degli addetti ai lavori e la sua popolarità arriva sino al grande pubblico.

Tutti conoscono Pablo Picasso.

Tutti ne parlano. Tutti ne hanno parlato almeno una volta nella loro vita e non importa se spinti da motivazioni diverse.

E, il paradosso, risiede proprio nella risonanza che Picasso lascia dietro di se: è stato detto tutto su Pablo Picasso e per questo ne è difficile parlarne ancora.

La mostra, ideata da Annie Cohen-Solal, organizzata dalla Fondazione Roma in collaborazionecon Marsilio Arte, si realizza inoltre grazie alla collaborazione con il Musée national Picasso-Paris, principale prestatore, il Palais de la Porte Dorée, il Museu Picasso Barcelona, il Musée Picasso di Antibes, il Musée Magnelli – Musée de la céramique di Vallauris e importanti e storiche collezioni private europee, la mostra presenterà più di 100 opere dell’artista, oltre a documenti, fotografie, lettere e video: un progetto che si arricchisce – per la terza tappa italiana dopo Palazzo Reale di Milano e Palazzo Te a Mantova – di un nucleo di opere inedite, selezionate dalla curatrice esclusivamente per il percorso espositivo di Palazzo Cipolla (fonte: museodelcorso.com).

Non solo una mostra ma una celebrazione-evento tutta intenta a mostrare il Picasso uomo, alle prese con una delle questioni culturali più comuni al genere umano, in qualunque tempo e parte del mondo: Picasso migrante: un uomo e un artista messo ai taciuti confini di luoghi e spazi che lo riconoscono come: straniero.

La condizione di ”straniero” e i fatti culturali e sociali che ne conseguono sono tristemente affollati e vissuti anche in questi tempi contemporanei. La mostra pare essere nient’altro che una eco che documenta attaverso, una narrazione semplice e lineare, la condizione umana di Picasso che si riflette sulla sua opera e che fa dell’opera stessa una riflessione del mondo e dell’uomo, spesso vittima, di una società  perseguitante.

Pablo Picasso nasce il 25 ottobre 1881 a Malaga, in Spagna, e quando morirà, nell’anno 1973, in Francia, sarà lui a scegliere di restare straniero, non morirà da francese perchè Mougins sarà solo un pezzo di terra qualunque.

La sua storia (personale e individuale) fanno della sua arte una necessità personale e un’esperienza collettiva capace di mostrare un uomo maltrattato e messo all’angolo dalle istituzioni che dimenticano di esserci per tutelare l’indivuo e non per costruirgli addosso un muro di cemento capace di confinarlo ovunque la burocrazia voglia.

Tra i corridoi del Palazzo Cipolla conosciamo l’uomo Picasso: la vulnerabilità umana; la visione politica e la poetica, la sua ricerca artistica espressa nelle sue opere e raccontate nei documenti e nelle lettere, nelle fotografie e i nei video, in totale un centinaio, il ruolo sociale e l’impegno civile sono, non solo evidenti, ma emergono lì ovunque lui stesso sia stato. In ogni luogo e forma di sé.

La Mostra si apre con L’Adolescentopera di collezione privata, che Picasso dipinge a Parigi nel 1969, a ottantotto anni, solo quattro anni prima del  compiersi della sua vita, e termina con un documento video, voluto da suo figlio Claude, che mostra le sue case e i suoi studi, così come erano e così come li aveva lasciati attraversati dalla sua produzione artistica infinita.

Claudia dell’Era

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