editoriale

Ci prendiamo un gelatino?

Forse la cosa migliore dei film di Nanni Moretti è che quasi sempre vi si trovano tre o quattro frasi – spesso all’apparenza banali – che sono degne di essere ricordate. Il più delle volte si tratta di frasi prive di effettivo significato politico o simbolico: ma è possibile politicizzarle, o simbolicizzarle, a piacimento. È il caso, per esempio, di “Ci prendiamo un gelatino?”: vi si può vedere un riferimento immediato, scherzoso, alla guerra fredda privata tra il personaggio di Moretti, Giovanni (l’ennesimo alter ego), e la moglie, Paola (Margherita Buy), che vuole lasciarlo (e nel dire quelle parole, Giovanni sta tentando un disperato approccio di riconciliazione); nello stesso tempo, più in grande, vi si può anche leggere un accenno alla Guerra fredda tra blocco occidentale e blocco comunista che fa da sfondo al film – nel film – diretto da Giovanni. Ma il gelato è un po’ il leit motiv alimentare del film (come lo era il latte macchiato in Aprile, continuazione dell’esperienza esistenziale iniziata nel terzo capitolo di Caro diario). Giovanni infatti ha un rituale privatissimo ogni qualvolta si accinga a iniziare un nuovo film: esso prevede la visione con tutta la famiglia di una vecchia pellicola in bianco e nero – Lola – accompagnata dalla degustazione di gelato zenzero e cannella, meringa alla nocciola “tonda e gentile” e pistacchio di Bronte.

Gianluca Vivacqua

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