Margherita Podestà Heir: Cosa intendiamo per “indicibile” quando parliamo di Jon Fosse
Particolarmente sibillina – specie se confrontata con quella dei suoi più recenti predecessori in questo cacumen gloriae – appare la motivazione con cui l’Accademia reale svedese delle Scienze ha conferito, lo scorso 5 ottobre, il premio Nobel per la letteratura al norvegese Jon Fosse. “Per essere riuscito, con le sue opere in prosa, a dar voce all’indicibile”. Chiediamo una chiave interpretativa a Margherita Podestà Heir, che della prosa dell’autore è magistrale interprete, oltre che della cultura e dello spirito norvegesi. Su Skype, attraverso cui la raggiungiamo in terra norgica (ci vive dal ‘94) per una amabile conversazione, comincia col precisare che cosa è assolutamente “indicibile” sul conto di Fosse: erede di Ibsen. “Una formula inaccettabile. Ibsen aveva un’idea della letteratura finalizzata a scardinare meccanismi sociali che è lontanissima da quella di Fosse.”
Gianluca Vivacqua
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