cinema

Comandante

Atlantico, 1940.

Il Comandante Salvatore Todaro (Favino),  della Regia Marina Militare, guida il sommergibile Cappellini in una pericolosa missione contro la Marina inglese. Dopo aver affondato per difesa il piroscafo belga Kabalo, Todaro decide di fare la cosa giusta: accogliere a bordo i ventisei superstiti e portarli in salvo, in spregio alla sua missione e alle spietate leggi della guerra.

Il primo interrogativo che la visione di Comandante solleva è immediato quanto problematico: è ancora possibile al cinema italiano, se mai lo è stato, costruire un’epopea bellica? E quand’anche lo fosse, quale epica e di chi? Quali gesta è possibile narrare per un cinema che all’eroe ha preferito sempre l’uomo, e come affrontare la consapevolezza di esser stati, nella guerra più vista sullo schermo, dalla parte sbagliata della storia? Tutti interrogativi che De Angelis (già apprezzabile per drammi radicali come Indivisibili), nel narrare la vera storia del Cappellini, sembra essersi posto per tempo, accettando che la cattiva coscienza degli italiani “brava gente”, al cinema come nella propria storia, c’è per restare. 

Fabio Cassano

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