Tratto da Salvatore Rudilosso, “Il trentesimo giorno“, AA.VV. Edizioni Anarchismo.
Erano tutti uguali lì dentro.
Si intravedevano a fatica i loro volti tra le spirali grigie.
Il mondo Era diviso da fasce metalliche. Grigio cenere.
Si udivano grida, pianti nella notte.
Salvatore era talmente povero da non permettersi un avvocato.
Aveva lasciato la sua anima fuori dal cemento prigioniero.
La notte voleva scappare.
I suoi pensieri volavano tra le sbarre.
Faceva freddo.
La sua anima non aveva voce. Sepolto tra mura bugiarde. Risiedeva in una bottiglia di vetro. Trasparente.
Chiunque avrebbe potuto prendere quella bottiglia bianca, trasparente. Chiunque e in qualsiasi momento.
Ogni tanto qualcuno toglieva il tappo.
Un giorno fecero scivolare un composto rosso.
Scendeva a fatica lungo le pareti della bottiglia.
Salvatore rimaneva a guardare.
Quasi la sua nuca toccava le spalle punto a fatica.
Con timore.
Con gli occhi sgranati.
Con il cuore che batteva forte, sembrava dovesse schizzare dal torace.
Le mani tremavano.
Quel giorno, poco alla volta, la sua anima cominciava a smarrire la voce.
Denso e rosso fatica scivolava. Denso come sarebbe stato il suo percorso.
Illusioni e sofferenze.
Claudia Dell’Era
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