La Puglia è un abbraccio. Avvolgente, accogliente, materno. Quelle braccia, e quelle mani, si intersecano tra due mari. Ionio e Adriatico.
C’è un solco preciso. Uno spartiacque. Un anno zero: 1958. Nella canzone italiana c’è un prima e un post Modugno. Tanta è la sua grandezza, tale la sua arte creativa, teatrale, cinematografica, che a posteriori si fa fatica a ritenerlo solo “cantante”.
Ultima opera, in ordine cronologico, del noto giornalista di La7, il libro è un complesso giallo che ruota intorno alla scomparsa di una ragazza per la quale vengono accusati due giovani della cui innocenza è fermamente convinto il loro insegnante di lettere, che per questo tenterà di aiutarli.
La trama fittamente intricata è caratterizzata da numerosi rimandi letterari, che rendono l’opera decisamente affascinante.
La mia vita nella tua Jojo Moyes (Mondadori 2023)
Nuovo romanzo dell’autrice del best seller mondiale Io prima di te, scritto con la bravura di sempre.
Le storie di due donne si intrecciano inaspettatamente: quella di Nisha, moglie di un ricco uomo d’affari che di punto in bianco vede la propria vita sconvolta dopo che il marito le chiede il divorzio togliendole tutto, e quella di Sam, in crisi per il rapporto con la figlia e l’insoddisfacente situazione della sua vita familiare e lavorativa.
Il nuovo terroni Pino Aprile (Libreria Pienogiorno 2023)
A più di dieci anni dall’uscita di “Terroni”, lo stupendo saggio di Pino Aprile che ha riscritto e permesso di riscoprire il vero percorso che ha condotto all’Unità di Italia ed alla visione del Paese che oggi domina le cronache e le pagine dei libri, l’autore si ripresenta con il Nuovo Terroni, la versione definitiva del suo capolavoro, per offrire una visione d’insieme, più completa e accurata, su quella che è stata veramente la nostra storia.
Il sogno Emile Zola (1888)
Romanzo particolare nella produzione letteraria di Emile Zola, maestro indiscusso e rappresentante di spicco del Naturalismo francese, che distaccandosi da quello che era il suo stile – e che trova le sue migliori prove in romanzi come Germinal, Nanà e ThérèseRaquin – sembra in queste pagine quasi tornare ad una vena tardo-romantica.
L’ambientazione e la storia, del resto, sembrerebbero degne di un romanzo appartenente al più puro Romanticismo: all’ombra di una monumentale Cattedrale nel cuore della Francia si svolge la storia della giovane Angélique, trovatella adottata da due coniugi che non possono avere figli, e che nel fiore della sua adolescenza s’innamora di quello che pare essere davvero il principe dei suoi sogni, Félicien.
Enfant prodige: è questo quel che viene subito in mente parlando con Alessandro Montoro. Scrittore di fantascienza, nato a Velletri il 30 novembre 1990, Montoro, già provvisto di pagina Wikipedia, vanta diversi traguardi nel campo della scrittura. Ama scrivere e vi si applica fino in fondo con attitudine scientifica. Ecco come ha affrontato le nostre domande.
Com’è l’Alessandro di tutti i giorni? I tuoi hobby, i tuoi passatempi, i tuoi pensieri: tutto fuorché la scrittura.
Innanzitutto grazie dell’invito!
Accidenti, avrei pensato di parlare solo di scrittura, questa domanda mi coglie di sorpresa! L’Alessandro di tutti i giorni è una persona abitudinaria, che ama la routine. Lavoro per una grossa multinazionale nel settore dell’intelligenza artificiale, dove ricopro, principalmente, mansioni legate alla gestione dei gruppi di lavoro. I miei hobby? Parecchi! Passatempi preferiti sicuramente i giochi da tavolo, i videogiochi, la lettura, lo studio, il pianoforte e soprattutto il nuoto, a cui mi dedico più volte a settimana. Mente sana in corpo sano: ci tengo. Poi mi piace programmare videogiochi (che è scrivere prendendosi una pausa dallo scrivere), passare il tempo con i miei e la mia compagna (presto moglie) e divertirmi con gli amici, allegri compagni di nerdate: roba come Warhammer 40.000 (terza edizione, bada!) e Mordheim, per intenderci. Per Mordheim abbiamo anche scritto un manuale fanmade, pensa! E adoro anche viaggiare, un piacere scoperto di recente.
Odorosa, luminosa, radiosa: tutto fa rima con mimosa. Un fiore la cui radice, mim-, qualche incallito classicista sarebbe tentato di ricollegare a mímesis, “imitazione”, quasi a suggerire, non senza una dose di malizia, un legame con una certa idea dell’emancipazione femminile che procederebbe “imitando” modi e forme del cosiddetto potere maschile.
In realtà non c’entra la mímesis ma c’entra il mimo: lo leggiamo sulla Treccani, “dal lat. mimus, mimo, attore, per i movimenti con cui le foglie reagiscono a ogni contatto”. Non ci sono, però, riferimenti diretti né all’immagine né a un’eventuale indole delle donne. Eppure la mimosa da sempre è il fiore simbolo del giorno che le festeggia: guardando all’oggi e al domani, cioè ai passi avanti già fatti e da fare in una società tradizionalmente maschiocentrica, e nello stesso tempo riflettendo sull’ieri, su tutte le sofferenze subite per arrivare a fare quei passi avanti. Prima che il 25 settembre lo spodestasse un po’, l’8 marzo (il giorno in cui la festa della donna cade più o meno dalla sua istituzione) era anche un’ottima cornice per denunziare e condannare i femminicidi.
Non una rosa, dunque, bensì un fiore per guerriere?
23 febbraio: Mosca teme un’azione ucraina contro la Transnistria condotta con sabotatori in uniforme russa. Il capo di Stato maggiore della Marina italiana, Credendino, riferisce alla Commissione Difesa che attualmente si muovono nel Mediterraneo quattro gruppi portaerei alleati: italiano, francese, americano e spagnolo. I russi arrivano fino allo Jonio senza problemi.
Dietro un’apparenza garbata, in un salotto ordinato, nel tentativo di un civile e cordiale accordo, gli animi dei protagonisti, forse poco consapevoli, esplodono: così l’atmosfera, già tagliente, si fa gocciolante di un’animosità forse mai così tanto (ben) espressa.
È Le Dieu du Carnage, Il Dio del massacro (in lingua italiana), una tra le opere più note dell’autrice scrittrice e drammaturga contemporanea francese Yasmina Reza.
Due coppie di genitori si incontrano.
Sono Beatrice e Massimo ad invitare Giulia e Damiano quando il loro figlio Bruno, undicenne, viene colpito dal coetaneo Ferdinand, figlio di questi ultimi.
La vicenda dei due ragazzini viene abilmente rievocata nel fermo immagine – due alberi nel parco ripresi uno davanti all’altro – che vede ancora scorrere i titoli di coda della trasposizione filmica, eccellente e fedelissima, fattane da Roman Polansky: Carnage.
Tutto sostenuto dalla musica incalzante del compositore britannico Gary Yershon.
Basterebbero i primi cinque minuti di Babylon per comprendere la visione registica del talentuoso Damien Chazelle: la brulla natura californiana, Hollywood all’orizzonte come un miraggio; infine una pioggia di escrementi copre ogni cosa, dagli attori alla cinepresa. Non esisterebbe dichiarazione d’intenti più chiara, promessa di un’opera dissacrante che faccia a pezzi il mito dello stardom. Sarebbe così se la questione fosse più semplice, se ci si dimenticasse che dietro l’obiettivo imbrattato di sterco c’è il regista di La La Land.
All’indomani del suo disastroso debutto in sala, Babylon certifica la fisionomia di un genere definito, quello del flop d’autore. Gli elementi del cine-disastro sono precisi: la magniloquenza del soggetto come della messa in scena; l’irriducibile inattualità dell’opera, foriera di scelte estreme; l’inadeguatezza del mercato ad assecondare una visione artistica in balia di sé.
Il re di Girgenti Andrea Camilleri (Sellerio 2021)
Dedicato alla figura quasi mitologica di un capopopolo che aveva capeggiato una rivolta popolare nella sua Girgenti nel corso del XVIII secolo, il romanzo è un capolavoro assoluto di Camilleri per la sua commistione dichiarata di realtà e fantasia impiantata su un intreccio talmente solido da non permettere al lettore di discernere la sottilissima linea che divide la storia vera da quella inventata.
Il personaggio del protagonista, Zosimo, è così bello e commovente da riuscire indimenticabile. Camilleri ne tratteggia con maestria le caratteristiche più umane così da fare in modo che il lettore non possa provare per lui che ammirazione, simpatia e affetto.
Mi limitavo ad amare te Rosella Postorino (Feltrinelli 2022)
Nuovo romanzo dell’Autrice de Le Assaggiatrici – Premio Campiello 2018 – il libro, che come il suo precedente trae spunto da una storia vera, narra le vicende di Nada, Omar e Danilo nella Sarajevo del 1992 e dell’infanzia che si scontra con le tragedie della guerra.
L’armata dei fiumi perduti Carlo Sgorlon 1985
Premio Strega 1985, il romanzo, ambientato negli ultimi anni della Seconda Guerra Mondiale ed ambientato in Friuli, narra la difficile convivenza di due popoli che si trovano a dover dividere la stessa terra, quello friulano e quello cosacco, giunto in fuga dalla guerra e dai Russi, differenti fra loro ma accomunati dalle privazioni e dal dolore a cui il conflitto li ha condannati. Marta, la protagonista femminile, rappresenta la vita e la speranza che animano i cuori di chi tenta disperatamente di andare avanti pur in mezzo alla rovina, ma di fronte all’amarezza della guerra sembra che l’amore che la donna vuole dispensare a chi le passa accanto non possa nulla, nonostante almeno per un istante la sua fiamma sembri brillare.
E’ uno tra gli scrittori italiani più affermati del momento, in cima alle classifiche di vendita ad ogni suo nuovo romanzo, complice un ottimo stile narrativo e soprattutto personaggi efficaci e indimenticabili su cui è stato in grado di creare vere e proprie serie.
L’ispettore Loiacono de I Bastardi di Pizzofalcone, Sara, Mina Settembre e, più di tutti, il suo personaggio e la sua serie più riuscita, quella dedicata al Commissario Ricciardi.
Ed esattamente come avvenuto con i Bastardi di Pizzofalcone e Mina Settembre, anche con il Commissario Ricciardi la televisione ci mette il suo per lanciare un personaggio già d’impatto e amatissimo fra i lettori di De Giovanni, visto che da marzo sulla Rai andrà in onda la seconda serie della fiction a lui dedicata con Lino Guanciale nei panni del protagonista. La serie dei romanzi dedicati al Commissario Ricciardi, composta da una rosa di tredici titoli (Il senso del dolore. L’inverno del commissario Ricciardi; La condanna del sangue. La primavera del commissario Ricciardi; Il posto di ognuno. L’estate del commissario Ricciardi; Il giorno dei morti. L’autunno del commissario Ricciardi; Per mano mia. Il Natale del commissario Ricciardi; Vipera. Nessuna resurrezione per il commissario Ricciardi; In fondo al tuo cuore. Inferno per il commissario Ricciardi; Anime di vetro. Falene per il commissario Ricciardi; Serenata senza nome. Notturno per il commissario Ricciardi; Rondini d’inverno. Sipario per il commissario Ricciardi; Il purgatorio dell’angelo. Confessioni per il commissario Ricciardi; Il pianto dell’alba. Ultima ombra per il commissario Ricciardi; Caminito. Un aprile del commissario Ricciardi) più alcuni racconti, ha preso il via da quello che forse era un po’ un gioco.
La violenza spietata – e la violazione dei diritti – appaiono sempre più inesorabili e incontrollati, in un Paese, l’Iran, che continua a non trovare pace. Le proteste turbano le piazze, gli atti brutali, compiuti alla luce del sole, insanguinano le strade; ma mai come adesso la voce delle donne iraniane si è sentita così forte nella rivendicazione dei propri spazi, dei propri diritti. Sembra quasi che, finalmente, siano scese in guerra contro una radicata cultura maschilista e antidemocratica che soffoca ogni prospettiva di emancipazione della donna. Esse combattono con gesti eclatanti ed emblematici, come il taglio dei capelli o la dismissione del velo. È una grande rivolta “di genere”, ma a cui partecipa anche il resto della popolazione iraniana: non si contano più gli arresti e le vittime da parte dei pasdaran, ma la repressione furiosa non è riuscita a imbavagliare il malcontento.